CORTE D'APPELLO DI BOLOGNA 
 
    Il Consigliere designato nel ricorso iscritto al n. 354 del ruolo
generale dell'anno 2018 ha emesso la seguente ordinanza. 
    1 - Fiorenzo Manfredi ha presentato ricorso ai sensi degli  artt.
3 della legge n. 89/2001,  chiedendo  a  questa  Corte  d'appello  il
riconoscimento di un equo indennizzo  per  l'eccessiva  durata  della
procedura di liquidazione  coatta  amministrativa  della  Cooperativa
avicunicola Modenese a r.l. (aperta con  decreto  del  Ministero  del
lavoro il 16 giugno  1990),  procedura  alla  quale  egli  era  stato
ammesso per sole lire 9.017.554 a seguito di opposizione  allo  stato
passivo definita con sentenza della Corte d'appello di Bologna n. 139
del 7 febbraio 2001. 
    Il Manfredi riceveva quindi un pagamento parziale del credito  in
data 12 maggio 2017. 
    Con comunicazione del 14 novembre 2017 i  commissari  liquidatori
comunicavano al Manfredi che la procedura era ancora aperta. 
    2 - Con decreto del 12 giugno 2018 questo Consigliere,  designato
dal Presidente della Corte  d'appello  -  rilevato  che,  secondo  il
consolidato indirizzo della Suprema corte di  cassazione  il  diritto
all'equa riparazione per le conseguenze dell'irragionevole durata del
processo, riconosciuto dall'art. 2 della legge 24 marzo 2001, n.  89,
non  sembra  configurabile  in  relazione  alla  liquidazione  coatta
amministrativa, che e' procedimento a carattere amministrativo e  non
giurisdizionale - assegnava al  ricorrente  un  termine  di  quindici
giorni dalla comunicazione del decreto per il deposito di una memoria
integrativa. 
    3 - Con memoria depositata il 22 giugno  2018  il  ricorrente  ha
chiesto a questo Giudice  di  emettere  il  decreto  di  liquidazione
dell'equo indennizzo e, in subordine, rimettere gli atti  alla  Corte
costituzionale: 
      «Affinche' si pronunci sulla legittimita' costituzionale  della
legge n. 89/2001 per violazione dell'art. 3 Cost.  e  117  Cost.,  in
combinato disposto con gli articoli 6, 13 e 14 CEDU, nella  parte  in
cui non prevede la possibilita' di accedere alle tutele  risarcitorie
della medesima  legge,  in  favore  del  soggetto  creditore  di  una
procedura di liquidazione coatta amministrativa». 
    4 - La questione di legittimita' costituzionale  prospettata  dal
ricorrente e' rilevante e non manifestamente infondata. 
    L'art. 1-bis, primo comma, della legge n. 89/2001 stabilisce che: 
      «La  parte  di  un  processo  ha  diritto  a  esperire   rimedi
preventivi alla violazione della Convenzione per la salvaguardia  del
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, ratificata ai  sensi
della legge 4 agosto 1955, n.  848,  sotto  il  profilo  del  mancato
rispetto del termine ragionevole di  cui  all'art.  6,  paragrafo  1,
della Convenzione stessa». 
    Il secondo comma della citata norma prevede che: 
      «Chi, pur avendo esperito i rimedi preventivi di  cui  all'art.
1-ter, ha subito un danno patrimoniale o  non  patrimoniale  a  causa
dell'irragionevole  durata  del  processo  ha  diritto  ad  una  equa
riparazione». 
    Del pari, l'art. 1-ter prevede il riconoscimento di un indennizzo
solo per l'eccessiva  durata  di  un  «processo»,  subordinando  tale
diritto all'esperimento di «rimedi preventivi» che  presuppongono  un
vero e proprio  procedimento  giurisdizionale  davanti  all'autorita'
giudiziaria. 
    Da ultimo, l'art. 2  sanziona  con  l'inammissibilita'  qualunque
richiesta di indennizzo  ove  non  siano  stati  esperiti  i  «rimedi
preventivi»  endoprocessuali  previsti  dai  precedenti  articoli   e
prevede la massima durata del «processo» presupposto  ai  fini  della
liquidazione dell'equo indennizzo. 
    5 - Il termine «processo» - dalla cui durata dipende l'indennizzo
riconosciuto dalla norma e, piu' in generale, dall'intera legge -  e'
interpretato, secondo l'orientamento ormai consolidato della Corte di
Cassazione, nel senso stretto e letterale del termine. 
    E' conseguentemente escluso da ogni indennizzo, secondo il citato
indirizzo, l'eccessiva durata delle procedure concorsuali  di  natura
amministrativa, tra le quali la  liquidazione  coatta  amministrativa
(per tutte Cass. 12729/2011, Cass. 28105/2009  e  Cass.  17048/2007),
nelle quali la gestione della procedura non e' diretta o  sorvegliata
dall'autorita'   giudiziaria    ordinaria,    ma    dalla    Pubblica
amministrazione tramite organi da essa stessa designati e  variamente
denominati  (Commissario  liquidatore   nella   Lca   o   Commissario
straordinario nella Amministrazione straordinaria). 
    Il predetto indirizzo non consente di ritenere  applicabile  alla
lca  -  e  quindi  neanche  al  presente  procedimento  che  ha   per
presupposto una procedura di lca durata  oltre  sei  anni:  donde  la
rilevanza della questione  esaminata  -  le  norme  che  precedono  e
neppure la disposizione dell'art. 2, comma 2-bis, che prescrive: 
      «Si  considera  rispettato  il  termine   ragionevole   se   il
procedimento di esecuzione forzata si e' concluso in tre anni,  e  se
la procedura concorsuale si e'  conclusa  in  sei  anni»,  nonostante
l'espressione «procedura concorsuale» comprenda in se' anche la lca. 
    6 - Tale orientamento di legittimita'  -  che  ormai,  come  gia'
detto, costituisce diritto vivente - appare tuttavia in contrasto con
l'indirizzo della Corte europea dei diritti dell'uomo. 
    Quest'ultima, infatti, con una recente decisione (Cedu 11 gennaio
2018 (Ricorso n. 38259/09 - Causa Cipolletta c. Italia), ha  ritenuto
che le procedure di fallimento (per le quali l'ordinamento interno ha
previsto un indennizzo, in caso di  eccessiva  durata)  e  quelle  di
liquidazione coatta amministrativa (per le quali, secondo la  SC,  e'
escluso ogni diritto ad indennizzo liquidabile  con  le  forme  della
legge n. 89/2001) siano sostanzialmente parificabili, in quanto: 
      - pendendo la lca, il creditore non puo' presentare dinanzi  ai
giudici una domanda di esecuzione volta ad intaccare direttamente  il
patrimonio della societa' debitrice; 
      - il principio di fondo volto ad  assicurare  la  par  condicio
creditorum resta lo stesso, sia in caso di fallimento che in caso  di
lca; 
      - la legge  fallimentare  intende  garantire  la  soddisfazione
proporzionale e a parita' di condizioni dei diritti dei creditori; 
      - il commissario liquidatore, benche' nominato da  un'autorita'
amministrativa, agisce non allo scopo di far prevalere gli  interessi
dell'attore pubblico coinvolto nella  procedura  e  ancora  meno  per
privilegiare un creditore a scapito degli altri; 
      - per contro, egli deve agire in maniera neutrale e  imparziale
allo scopo di tutelare gli interessi di tutti i creditori; 
      - anche  nell'ambito  della  lca  e'  possibile  ravvisare  una
contestazione circa l'esistenza  stessa  di  un  diritto,  della  sua
portata o delle sue modalita' di esercizio; 
      - al di la' della diversa natura attribuita al livello  interno
dello Stato italiano  alla  procedura  fallimentare  e  a  quella  di
liquidazione coatta amministrativa, in entrambi i casi  il  creditore
basa  la  prospettiva   di'   realizzazione   del   proprio   credito
sull'attivita' di un soggetto  terzo  che  verifica  l'esistenza  dei
crediti per poi procedere alla liquidazione degli stessi. 
    Sulla scorta di tali  premesse,  la  Corte  Edu,  con  la  citata
sentenza, ha accolto  la  domanda  risarcitoria  del  ricorrente  per
violazione dell'art. 13  della  Convenzione,  che  -  com'e'  noto  -
recita: 
      «Ogni persona i cui diritti  e  le  cui  liberta'  riconosciuti
nella presente Convenzione siano  stati  violati,  ha  diritto  a  un
ricorso effettivo davanti a un'istanza  nazionale,  anche  quando  la
violazione sia stata commessa da persone che agiscono  nell'esercizio
delle loro funzioni ufficiali». 
    7 - Il diverso orientamento della  Corte  Edu  contrasta  con  il
diritto vivente ricavabile dalle decisioni della Corte di  cassazione
di segno contrario. 
    Essendovi un contrasto  tra  norme  interne  come  uniforme-mente
interpretate  a  livello  di  legittimita',  e  norme   convenzionali
interposte  come  sopra  interpretate  dalla  Corte  EDU  -   vigenti
nell'ordinamento italiano per effetto  dell'art.  117,  primo  comma,
Costituzione - pare necessario a questo giudice sollevare  qlc  degli
articoli 1-bis, primo e secondo comma, e 2, comma 1, della  legge  n.
89 del 24 marzo 2001 in relazione agli articoli 3,  24  e  117  Cost.
laddove  non  prevedono  che,  oltre  all'irragionevole  durata   del
«processo»,  anche  la  irragionevole  durata   di   una   «procedura
concorsuale», sia essa di carattere giurisdizionale o amministrativo,
dia diritto ad ottenere un indennizzo per tale  irragionevole  durata
secondo le forme della legge n. 89/2001. 
    8 - In ogni caso, tenuto conto  dell'interpretazione  data  dalla
Corte Edu, non appare manifestamente infondata la qlc degli  articoli
1-bis, primo e secondo comma, e 2, comma 1, della legge n. 89 del  24
marzo 2001 in relazione agli articoli 3 e 24 della Costituzione. 
    Per cio' che concerne il  contrasto  del  dettato  normativo  con
l'art. 3 Cost., sembra palese che il creditore  di  una  liquidazione
coatta  amministrativa   non   possa   ottenere   soddisfazione   del
pregiudizio subito dal  ritardo  nella  definizione  della  procedura
concorsuale nelle stesse forme e con le stesse  modalita'  assicurati
dalla legge n. 89/2001 al creditore  di  un  fallimento  o  di  altra
procedura concorsuale  gestita  o  sorvegliata  (non  dalla  Pubblica
amministrazione, ma) dall'autorita' giudiziaria ordinaria. 
    Ne', d'altra parte, questo diverso trattamento dei due  creditori
(del creditore di una lca e del creditore di un fallimento o di altra
procedura sottoposta alla sorveglianza  dell'Autorita'  giudiziaria),
puo'  essere  considerato  irrilevante  sulla  constatazione  che  il
creditore  della  lca  puo',  comunque,  sempre  adire  l'Ago  in  un
ordinario giudizio di cognizione. 
    Deve infatti considerarsi che i due processi, quello ordinario  e
quello sommario previsto dalla legge n. 89/2001, sono  caratterizzati
da diritti processuali assolutamente diversi,  soprattutto  per  cio'
che concerne l'onere probatorio del pregiudizio  subito  dal  ritardo
(presunto nella legge 89 e da dimostrare nel giudizio ordinario). 
    Appare ugualmente leso l'art. 24 Cost., posto che a fronte di una
identica situazione soggettiva di vantaggio (l'essere creditore di un
fallimento o di una lca), la legge n.  89/2001  attribuisce  solo  al
primo (e non al secondo) la possibilita' di ottenere tutela (a  causa
del ritardo nella chiusura della procedura concorsuale)  nelle  forme
previste dalla legge stessa. 
    9 - In conclusione, la qlc degli articoli 1-bis, primo e  secondo
comma, e 2, comma 1, della legge n. 89 del 24 marzo 2001 in relazione
agli articoli 3, 24 e 117 Cost. appare rilevante e non manifestamente
infondata.